La disposizione vale solo per i valori del soggetto ammesso a procedura

di Giulio Andreani e Angelo Tubelli

L’articolo 86, comma 5, del Tuir dispone che non costituisce realizzo di plusvalenze, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento, la «cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo», ma la locuzione «in sede di concordato preventivo» consente di applicare l’agevolazione unicamente alle plusvalenze realizzate sui beni del soggetto ammesso a tale procedura. Restano invece assoggettate a imposizione secondo le regole ordinarie le plusvalenze realizzate dalla società controllata da quella in concordato preventivo, qualora la prima delle due, pur essendo in liquidazione, non sia anch’essa assoggettata alla procedura concordataria.

Lo hanno chiarito le Entrate con la risposta a interpello 280/2025, rilevando che la disposizione citata richiede necessariamente che i beni oggetto della cessione non tassata siano di proprietà del soggetto sottoposto a concordato preventivo. Infatti, poiché si tratterebbe di una norma di natura agevolativa, con cui il legislatore persegue lo scopo di non gravare il concordato con cessione dei beni ai creditori di oneri fiscali che aggraverebbero la crisi dell’impresa a discapito del buon esito del piano concordatario, il campo di applicazione del comma 5 non può essere esteso in via interpretativa a ipotesi non espressamente menzionate.

La risposta fornita appare condivisibile alla luce sia della lettera sia della ratio della norma, che l’interpellante avrebbe erroneamente cercato di estendere a tutte le forme di «trasferimento a terzi dei beni ceduti» nell’ambito di un concordato preventivo, e dunque anche alle plusvalenze maturate da una partecipata rimasta estranea alla procedura concordataria. Meno convincente è tuttavia il chiarimento sulla natura agevolativa della norma in questione, che indica espressamente la «cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo» come un’operazione da cui non possono emergere plusvalenze. Ciò in considerazione della sostanziale “incapacità contributiva” che caratterizza l’impresa in stato di dissesto che, tramite tale forma di concordato, destina ai propri creditori tutte le entrate ricavate dalla cessione a terzi del proprio patrimonio, com’è rilevabile dalla relazione che accompagnò l’emanazione del testo unico. Ed è per questo motivo che l’esclusione da imponibilità si applica non solo ai beni strumentali, ma anche alle rimanenze di magazzino e all’avviamento. Nel caso oggetto dell’interpello il risultato non cambia, ma la norma costituisce un’esclusione e non un’agevolazione.

È stato inoltre chiarito che sono imponibili per il 5% gli utili distribuiti alla società controllante IFRS adopter dalla propria controllata in sede di riparto del «residuo attivo di liquidazione», se questa non è detenuta per la negoziazione, mentre costituisce plusvalenza l’importo ricevuto a titolo di restituzione del capitale sociale e delle riserve di capitale per la parte eccedente il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

03 Novembre 2025