Il principio riguarda le liquidazioni giudiziali avviate prima di maggio 2021. Chiarito che la condizione opera solo per gli importi ammessi allo stato passivo.

di Giulio Andreani e Angelo Tubelli 

Con la risposta a interpello 276 pubblicata il 3 novembre, l’Agenzia delle Entrate, nel confermare che per le liquidazioni giudiziali avviate prima del 26 maggio 2021 il creditore, per poter emettere la nota di variazione Iva relativa al credito non riscosso, deve attendere che sia definitivamente accertata l’infruttuosità della procedura, ha chiarito che tale condizione opera solo con riguardo all’importo del credito ammesso allo stato passivo. L’irrecuperabilità dell’importo non ammesso con il decreto di esecutività dello stato passivo, invece, è accertata direttamente dal decreto, per cui il diritto del creditore di recuperare la relativa imposta sorge sin dalla data di emissione di tale provvedimento e deve essere esercitato entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa all’anno in cui esso è stato emanato.

L’infruttuosità della procedura concorsuale, infatti, normalmente emerge dalla ultimazione delle operazioni di riparto dell’attivo, ma può risultare anche «quando si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore» (così anche la risposta n. 102 del 10 marzo 2022). In quest’ultimo senso, la mancata inclusione nello stato passivo (di una parte) del credito costituisce un evento di per sé idoneo a certificare la definitività della perdita dell’importo non ammesso al passivo, a prescindere dall’incapienza del patrimonio del debitore e dalla insussistenza di somme disponibili da ripartire alla conclusione della liquidazione giudiziale.

Oltre ad aver nuovamente rimarcato la necessità di rispettare un dies ad quem per il recupero dell’Iva applicata e non riscossa (in contrasto con quanto affermato dall’Associazione italiana dottori commercialisti con la norma di comportamento n. 231/2025 e con una certa prassi), le Entrate sono inoltre ritornate sul “principio di consecuzione tra procedure”. Il tema assume particolare rilevanza per distinguere le procedure aperte prima del 26 maggio 2021 rispetto a quelle avviate da tale data, in quanto solo per queste ultime si applica il vigente comma 3-bis dell’articolo 26 del Dpr 633/1972, a norma del quale la variazione in diminuzione può essere operata già all’apertura della liquidazione giudiziale o del concordato preventivo. Nel caso di specie è stata correttamente ritenuta sussistente la successione tra un concordato preventivo omologato nel 2016 e la liquidazione giudiziale aperta nel 2024 (a causa dell’inadempimento delle obbligazioni concordatarie e di quelle maturate dopo l’omologa), in virtù del fatto che le due procedure sono accomunate dal medesimo stato d’insolvenza.

Ne consegue che, per recuperare l’Iva relativa al 10% del proprio credito (cioè quella relativa al credito ammesso al passivo), il creditore deve attendere l’ultimazione delle operazioni di riparto dell’attivo, il che pare peraltro contrastare con la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue, vista l’ampiezza del periodo necessario per recuperare il credito.

03 Novembre 2025