di Giulio Andreani
Il Tribunale di Genova, con un decreto depositato il 18 maggio 2021 nell’ambito di un concordato preventivo, aderisce alla interpretazione “estensiva” delle disposizioni introdotte nel comma 4 dell’articolo 180 legge fallimentare dalla legge 159/2020, concernenti il cosiddetto cram down fiscale, vale a dire il potere del tribunale di omologare le proposte di transazione fiscale e contributiva anche in “mancanza di voto” del fisco e degli enti previdenziali, quando sono convenienti per i rispettivi creditori.
Secondo i giudici liguri, infatti, non ci si può limitare all’interpretazione letterale della locuzione “mancanza di voto” presente nella norma, perdendosi, altrimenti, la portata riformatrice complessiva del nuovo precetto normativo, voluto dal legislatore per superare «le fortissime resistenze mostrate dall’Amministrazione finanziaria in sede di approvazione della transazione fiscale»; appare inoltre dirimente la recente pronuncia delle Sezioni unite della Suprema corte, che – con l’ordinanza 25 marzo 2021, n. 8504 – hanno affermato la prevalenza, con riferimento a tale istituto, dell’interesse concorsuale su quello tributario.
Pertanto, le decisioni dell’Erario, diversamente da quelle di ogni altro creditore privato, sono soggette al sindacato giurisdizionale, in quanto non costituiscono espressione di mere scelte egoistiche, ma hanno a oggetto la tutela di interessi collettivi nel rispetto del buon andamento della pubblica amministrazione.
Circa l’interpretazione delle suddette norme sussistono contrasti in dottrina e in giurisprudenza, che risultano divise tra tre tesi:
– la prima (restrittiva) attribuisce al giudice il potere-dovere di omologare coattivamente l’accordo solo quando non vi sia alcuna espressione di voto o di adesione;
– la seconda (estensiva) anche a seguito del voto negativo o del rigetto dell’adesione da parte del fisco e degli enti previdenziali;
– la terza (intermedia) si basa sull’attribuzione del potere sostitutivo di omologa del Tribunale sia in caso di mancata pronuncia sia di rigetto nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ma non anche nell’ambito del concordato, nel cui contesto tale potere sussisterebbe solo in caso di mancata espressione del voto.
Il Tribunale di Genova rafforza il “fronte” della tesi estensiva, già sostenuta dai tribunali di Teramo, di Forlì e della Spezia, con il conforto della citata ordinanza della Corte di cassazione numero 8504/2021, mentre a favore di quella restrittiva si è pronunciato invece il tribunale di Bari.