di Giulio Andreani

Per effetto dell’art. 37-ter del d.l. n. 41/2021 (cd. “decreto Sostegni”) è stato aggiunto all’art. 182-bis l. fall., che disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti, un nuovo comma con cui viene stabilito che, qualora dopo l’omologazione degli accordi si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l’imprenditore può apportare a quest’ultimo le modifiche idonee ad assicurare l’esecuzione degli accordi che – sulla base di quel piano – ha stipulato con i suoi creditori. In tal caso, deve richiedere all’attestatore indipendente il rinnovo della propria relazione, che, unitamente al piano modificato, deve pubblicare nel registro delle imprese, dandone avviso ai creditori, i quali, entro trenta giorni, possono presentare opposizione avanti al tribunale.

Mediante tale norma è stata anticipata l’entrata in vigore di una parte dell’art. 58 del Codice della crisi e dell’insolvenza, il quale disciplina gli effetti degli scostamenti (dovuti a fattori sopravvenuti e imprevedibili) emersi tra le previsioni del piano di ristrutturazione e i risultati realmente conseguiti o in corso di conseguimento da parte dell’impresa debitrice, consentendone la modifica attraverso l’introduzione delle necessarie misure correttive con riguardo a due differenti situazioni: la prima, regolamentata al comma 1, costituita dalla rilevazione degli scostamenti già anteriormente alla omologazione degli accordi e la seconda, disciplinata al comma 2, rappresentata dall’emersione degli scostamenti dopo la omologazione.

Nel primo caso, posto che gli accordi non sono stati ancora omologati, il menzionato art. 58 prevede la possibilità di rinegoziarli e, previo rinnovo dell’attestazione precedentemente rilasciata, di chiederne poi la omologazione al tribunale, resa possibile dalle modifiche apportate al piano e agli accordi, per porre rimedio alla sopravvenuta inattitudine dello stesso a consentire il rispetto delle obbligazioni discendenti dagli accordi precedentemente sottoscritti con i creditori. Nel secondo caso, posto che l’omologazione è già stata disposta, la norma permette al debitore solo di apportare al piano le modifiche necessarie per rispettare gli accordi omologati, rendendone possibile l’adempimento anche quando sono sopravvenuti eventi economici di per sé atti a impedirne il rispetto in assenza dell’introduzione di nuove misure e azioni.

La disposizione aggiunta all’art. 182-bis riguarda esclusivamente questo secondo caso e, come si è rilevato, stabilisce che delle modifiche apportate al piano deve essere data comunicazione ai creditori ai fini della loro eventuale opposizione, ma non specifica a quali creditori, vale a dire se a quelli esistenti alla data di pubblicazione del nuovo piano, ovvero a quelli esistenti alla data di omologazione dell’accordo; non specifica, inoltre, se deve essere comunicata ai soli creditori aderenti o anche a quelli non aderenti. Da un lato si potrebbe essere indotti a estendere tale obbligo di comunicazione a tutti i creditori esistenti al momento della pubblicazione, atteso che anche quelli intervenuti successivamente alla omologazione possono subire gli effetti delle modifiche apportate al piano e hanno dunque interesse a conoscerle e, nel caso, ad opporvisi; tuttavia pare preferibile limitare la comunicazione ai creditori – aderenti e non aderenti – esistenti alla data della omologazione degli accordi, poiché quelli che lo sono divenuti successivamente sono rimasti del tutto estranei rispetto a tali atti e hanno acquisito il loro titolo giuridico prescindendo da essi e dal piano su cui essi si fondano.

Quello previsto dalla norma di cui trattasi costituisce per il debitore, più che una facoltà, un onere, in assenza del quale gli effetti dell’art. 182-bis vengono meno: pertanto, a seguito dell’emersione di scostamenti non fronteggiata da adeguate modifiche del piano e del conseguente inadempimento delle obbligazioni discendenti dagli accordi, ogni creditore può chiedere la risoluzione dell’accordo che lo riguarda e gli atti, i pagamenti e le operazioni posti in essere non beneficiano più dell’esenzione dalla revocatoria né dal reato di bancarotta preferenziale.