Se la procedura prevede un passaggio di aziende, immobili, beni e diritti.

di Giulio Andreani

Per superare i contrasti interpretativi sorti sino ad oggi, il decreto sulla fiscalità della crisi previsto dalla legge delega sulla revisione del sistema tributario chiarirà anche il regime dell’imposta di registro applicabile alle sentenze di omologazione del concordato preventivo con assuntore, nonché del concordato attuato con assuntore nella liquidazione giudiziale, nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria.

A tale scopo, in linea con la tesi affermata con prevalenza dalla giurisprudenza (si vedano per citare solo le più recenti: Cassazione 31590/2023, Corte di giustizia tributaria di II grado della Lombardia 3745/2023, e Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano 4535/2023), il decreto preciserà che:
O la sentenza di omologazione del concordato è soggetta all’imposta fissa, se da essa non deriva alcun trasferimento di beni, poiché a essere sottoposto a tassazione è in questo caso l’atto giudiziario in sé.
O se il concordato prevede un assuntore a cui vengono trasferite delle attività, a essere assoggettata a imposizione è la sentenza di omologazione in quanto produttiva del trasferimento di beni a favore dell’assuntore, la quale deve essere tassata come qualsiasi atto con cui viene ordinariamente disposto il trasferimento di beni, diritti o aziende, vale a dire con l’imposta proporzionale di registro, mediante distinta applicazione delle aliquote relative a ciascuna tipologia dei beni trasferiti.
O se la sentenza dispone un trasferimento di singoli beni e diritti (non costituenti un’azienda), la base imponibile è quindi rappresentata dal valore di tali beni e diritti, a cui va applicata l’aliquota prevista dall’articolo 8, lettera a), della Tariffa – Parte I allegata al Dpr 131/1986, in base al quale gli atti «recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti» sono soggetti «alle stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti» (9% per gli immobili, 3% per i beni mobili, ecc.).
Se la sentenza prevede, oltre al trasferimento di beni e diritti, anche l’accollo di debiti dell’impresa concordataria da parte dell’assuntore, non trova, tuttavia, applicazione l’articolo 21, comma 2, ai sensi del quale «Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa». Infatti, nel caso del concordato con assuntore sussiste inevitabilmente una connessione tra i beni e diritti trasferiti e i debiti accollati ed è quindi applicabile l’articolo 21, comma 3, del Dpr 131/1986, il quale dispone che «non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni». Non è conseguentemente applicabile l’articolo 43, comma 2, del Tur, ai sensi del quale «i debiti accollati per effetto dell’atto ………. concorrono a formare la base imponibile». Quando sono trasferiti singoli beni e diritti viene pertanto sottoposto a imposizione solo il valore degli stessi, nonostante il correlativo accollo di debiti da parte dell’assuntore. O se la sentenza dispone, invece, il trasferimento di un’azienda, la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio dell’azienda medesima, il quale è dato dal valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili. Pertanto, ciò che è tassato non è il valore complessivo dei beni (immobili, impianti, partecipazioni, ecc.), bensì il valore di ciascuna categoria di beni ridotto  proporzionalmente dell’importo dei debiti che fanno parte dell’azienda, così come se la medesima azienda, anziché di assunzione, fosse oggetto di una normale cessione.

5 febbraio 2024