di Giulio Andreani

La circolare dell’agenzia delle Entrate 16 del 23 luglio 2018 mette fine alla prassi degli uffici periferici della stessa Agenzia che, nonostante l’articolo 182-ter della legge fallimentare preveda, dal 1° gennaio 2017, la possibilità di pagare parzialmente tutti i tributi e quindi anche l’Iva, hanno continuato a condizionare l’approvazione delle proposte di transazione fiscale formulate nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti (in base all’articolo 182-bis della stessa legge), al pagamento integrale di questo tributo. Questa prassi contrasta con il dettato normativo per diversi motivi, che riportiamo qui di seguito.

Debito Iva con regola generale

La transazione fiscale qui sotto esame è disciplinata dal comma 5 dell’articolo 182-ter, secondo il quale «il debitore può effettuare la proposta di cui al primo comma», cioè la proposta di transazione fiscale che accompagna una domanda di concordato preventivo, anche nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Tale norma richiama dunque la proposta prevista dal comma 1 dello stesso articolo, senza introdurre alcuna disposizione che ne modifichi la disciplina: significa che il legislatore ha inteso prevedere per la transazione fiscale il medesimo regime, indipendentemente dal contesto in cui essa è proposta.

Tant’è che, con riguardo all’attestazione da cui la domanda di transazione deve essere corredata, il comma 5 aggiunge che tale attestazione «relativamente ai crediti fiscali deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili» (e non solo, quindi, rispetto alla liquidazione, come dispone il comma 1 con riferimento all’ipotesi concordataria). Pertanto il legislatore, quando ha ritenuto opportuno disciplinare, con riferimento alla transazione connessa a un accordo di ristrutturazione dei debiti, un profilo della stessa (per di più meno rilevante di quello che attiene al pagamento di uno dei debiti fiscali principali qual è quello relativo all’Iva) mutando le disposizioni recate dal comma 1 con riferimento al concordato preventivo, ha ritenuto di doverlo fare espressamente. Ne discende che, in assenza di una differenziata previsione legislativa sul soddisfacimento del debito Iva, il trattamento di quest’ultimo non può essere fondato su regole diverse a seconda dell’istituto cui la transazione fiscale è connessa.

Compatibilità con il diritto Ue

Le norme che disciplinano l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182- bis consentono, come quelle relative al concordato, il rispetto dei presupposti stabiliti dalla Corte di giustizia Ue con la sentenza del 7 aprile 2016 ai fini della compatibilità della falcidia dell’Iva con il diritto europeo.

Infatti:

è anche in questo caso prevista l’attestazione, da parte di un professionista indipendente, della convenienza dell’offerta formulata all’Amministrazione finanziaria rispetto ad altre soluzioni in considerazione del valore delle attività del debitore;

è consentito al Fisco contestare l’importo dei debiti rappresentati dal contribuente;

l’agenzia delle Entrate ha la facoltà di non approvare la proposta di transazione fiscale, senza dover subire le decisioni della maggioranza dei creditori, e ciò a differenza di quanto accade nel concordato preventivo, usufruendo pertanto, nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, persino di garanzie maggiori di quelle di cui gode nella procedura concordataria, con riguardo alla quale la falcidiabilità dell’Iva non è stata messa in discussione.

 Convenienza per l’Erario

Non c’è alcun motivo di carattere generale che giustifichi un trattamento differenziato del debito Iva. È vero, come detto, che gli effetti della transazione fiscale possono prodursi nel concordato preventivo anche con il voto contrario del fisco, mentre questi effetti si generano nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti solo con l’approvazione della proposta da parte dell’agenzia delle Entrate. Tuttavia, questo non significa che il Fisco possa decidere senza criteri oggettivi, dovendo invece valutare la transazione prospettatagli dai contribuenti in base alla oggettiva convenienza che presenta per l’Erario, rispetto a quanto quest’ultimo potrebbe ricevere tramite altre soluzioni praticabili, e non in base al mero fatto che il debito Iva sia o non sia pagato integralmente. Conseguentemente, se è più conveniente rispetto a qualsiasi alternativa, la proposta deve essere accolta anche se l’Iva è falcidiata, mentre deve essere rigettata se non è conveniente, nonostante l’Iva sia pagata per intero. La circolare 16/E/2018 ha chiarito ora che l’Iva è sempre falcidiabile: in qualsiasi tipo di concordato, come nell’accordo di ristrutturazione dei debiti.