di Giulio Andreani

L’attestatore esprime una valutazione fondamentale ai fini dell’approvazione della proposta di transazione fiscale e contributiva:

nel concordato, allo scopo di assicurare che il pagamento offerto al Fisco e agli enti previdenziali non è inferiore a quello che questi riceverebbero in caso di liquidazione dell’impresa debitrice, sulla base del valore di mercato del patrimonio di liquidazione di quest’ultima, tenuto conto dell’ordine delle cause di prelazione;

nell’accordo di ristrutturazione allo scopo di attestare che la proposta di transazione è più conveniente (per l’Erario) rispetto alla liquidazione.

Quello della convenienza economica rispetto alla soluzione alternativa della liquidazione ha sempre costituito il criterio principale che l’amministrazione finanziaria deve adottare per approvare o rigettare le proposte di transazione fiscale che vengono formulate e il giudizio che l’attestatore deve esprimere su tale convenienza a norma dell’articolo 182-ter rappresenta il fulcro del procedimento decisorio che conduce il Fisco a pronunciarsi in un senso o nell’altro.

Il peso di questo giudizio è ancor maggiore dopo che, con la legge 159/2020, il legislatore ha modificato gli articoli 180 e 182-bis della legge fallimentare, prevedendo (si veda l’articolo a lato) che il tribunale omologa il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione anche in caso di mancata adesione del Fisco e degli enti previdenziali, quando la transazione risulta conveniente “anche sulla base delle risultanze della relazione” dell’attestatore.

Con la circolare 34/2020 le Entrate hanno affermato che, nel formarsi il proprio convincimento sulle proposte di transazione, gli uffici devono far riferimento all’attestazione, potendone disattendere le risultanze solo allorquando le ritengano manifestamente non attendibili ovvero non sostenibili e ciò risulti da una puntuale motivazione, idonea a individuare in maniera analitica i dati ritenuti infondati. Le principali criticità dell’attestazione che gli uffici finanziari devono valutare riguardano le ipotesi di crescita del fatturato previste nel piano, il valore di realizzo degli asset di cui è prevista la vendita, i tassi di attualizzazione dei flussi di cassa e le riduzioni dei costi di produzione rispetto al passato. A seguito della rilevazione delle criticità l’agenzia non deve assumere decisioni unilaterali, ma avviare un confronto con il contribuente per pervenire a una soluzione condivisa.

Nel concordato preventivo un peso altrettanto rilevante, ai fini della decisione che l’Agenzia deve adottare, è assunto dalla relazione del commissario giudiziale redatta ex articolo 172 della legge fallimentare, con cui deve essere valutata la fattibilità giuridica ed economica del piano e della proposta di concordato, di cui la transazione fiscale fa parte, nonché la sua convenienza. Il Fisco necessita non solo di analisi approfondite, ma anche di una sintesi chiara, cioè di un sì o di un no, che è poi quel che sono chiamati a esprimere i creditori: il Commissario giudiziale deve quindi evitare conclusioni troppo articolate e prospettare alternative poco probabili.