Primi effetti dei vincoli agli accordi di ristrutturazione debiti che penalizzano in modo eccessivo i creditori introdotti con il decreto 69. Altre limitazioni dalle ultime pronunce giurisprudenziali

di Giulio Andreani

Sta dando i suoi frutti l’articolo 1-bis del Dl 13 giugno 2023, n. 69 (introdotto con la legge di conversione 11 agosto 2023, n. 203), con il quale sono state previste, con fine antiabusivo, precise limitazioni alla omologazione forzosa della transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Sono infatti drasticamente diminuite le proposte di transazione fiscale “aggressive”, vale a dirsi quelle che prevedono un soddisfacimento estremamente limitato dei crediti tributari, e ciò costituisce l’evidente effetto della impossibilità di richiedere al tribunale il cram down fiscale, a fronte di proposte che prevedano un pagamento dei suddetti debiti inferiore alle soglie del 30 o del 40 per cento stabilito dal citato articolo 1-bis.
L’introduzione di queste soglie non ha tuttavia impedito all’agenzia delle Entrate di approvare proposte di transazione che hanno previsto un soddisfacimento inferiore, nei casi in cui quest’ultimo fosse comunque conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Tali misure riguardano infatti solo la omologazione forzosa (che fa seguito al rigetto della proposta) e non quella ordinaria, che è invece disposta a seguito dell’approvazione della stessa da parte del Fisco.

La giurisprudenza

Nei mesi scorsi sono peraltro intervenute, in tema di cram down fiscale, due significative pronunce giurisprudenziali.
La prima è stata emessa dalla Corte di appello di Venezia con decreto del 2 novembre 2023, con il quale è stata omologata forzosamente una transazione fiscale con estensione dei suoi effetti agli altri creditori pubblici (enti previdenziali ed enti locali).
Ai sensi dell’articolo 61 del Codice della crisi, gli effetti dell’accordo di ristrutturazione proposto a una categoria omogenea di creditori sono estesi anche ai creditori non aderenti che appartengono alla medesima categoria, se ricorrono alcuni presupposti, fra i quali l’adesione di creditori titolari di almeno il 75% dei crediti dell’intera categoria; ciò, secondo la Corte veneta, vale anche se l’adesione di tale maggioranza qualificata di creditori non è spontanea, ma viene imposta mediante il cram down.
Si tratta di una tesi condivisibile. Infatti, attraverso la omologazione forzosa il legislatore ha attribuito al contribuente la necessaria tutela giurisdizionale rispetto a decisioni della Pa che non siano conformi alla legge (ad esempio, perché costituite dal rigetto di proposte convenienti per l’Erario); tutela grazie alla quale, mediante l’istanza di omologazione forzosa, il debitore chiede al tribunale di emettere un provvedimento che riformi la decisione del creditore pubblico contrastante con l’articolo 63. Sarebbe quindi illogica una disciplina che consentisse l’estensione dell’efficacia dell’accordo in presenza dell’approvazione della transazione fiscale espressa dall’agenzia delle Entrate e la impedisse qualora l’approvazione della proposta derivasse dalla omologazione forzosa disposta dal tribunale; equivarrebbe, infatti, ad attribuire rilevanza a un provvedimento illegittimo, nonostante la censura e la riforma dello stesso disposta dall’Autorità giudiziaria.
Con la sentenza n. 1647/2023 del 31 ottobre 2023, che ha confermato la decisione assunta dal Tribunale di Lucca il 18 luglio 2023, è stato inoltre affermato che la omologazione forzosa della transazione fiscale è consentita solo nel concordato preventivo liquidatorio e non anche in quello in continuità; ciò perché il
comma 2-bis dell’articolo 88 del Codice della crisi, da cui l’omologazione forzosa è prevista, «fa riferimento solo all’art. 109, co. 1, che nel disciplinare la maggioranza per l’approvazione del concordato fa salvo quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dal comma 5, secondo il quale il concordato in continuità aziendale è approvato se tutte le classi votano a favore». Tale argomento letterale non è tuttavia appagante, se si considera che il medesimo comma 2-bis, nell’indicare uno dei presupposti della omologazione forzosa, richiede che la proposta di transazione fiscale sia «conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria» ed è pacifico che, mentre la convenienza rileva in relazione al concordato liquidatorio, il carattere non deteriore della proposta rileva in ordine al concordato in continuità. Escludere il cram down proprio nel concordato in continuità ostacolerebbe inoltre il superamento della crisi d’impresa proprio nella procedura che per altri versi il legislatore ha mostrato di voler favorire.

25 marzo 2024