di Giulio Andreani

L’omologazione forzosa della transazione fiscale è consentita anche nel concordato preventivo in continuità che, grazie a essa, può risultare approvato anche senza il voto favorevole dei creditori. Lo ha affermato il Tribunale di Napoli con la sentenza 126/24 del 24 aprile 2024, che contrasta con la sentenza 1647/23 (della Corte di appello di Firenze, che aveva confermato quella del Tribunale di Lucca del 18 luglio 2023. Si tratta, nel caso di Napoli, della procedura di concordato per le società del gruppo Merqurio (il gruppo è assistito da Nicola Rascio e Gabriele Trombetta, advisor Gerardo Losito, attestatore Paolo Longoni). La querelle interpretativa nasce dalla poca chiarezza di due norme presenti nell’articolo 88 del Codice della crisi:

1) dall’incipit del comma 1 il quale, nel disciplinare la transazione fiscale nel concordato preventivo, precisa che resta «fermo quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112, comma 2».
Si pone dunque l’interrogativo se le disposizioni di cui all’articolo 112 si aggiungano a quelle dell’articolo 88, in particolare a quelle del comma 2-bis che disciplinano l’omologazione forzosa, ovvero le sostituiscano. Nella prima ipotesi le disposizioni del comma 2-bis rimarrebbero comunque applicabili, e quindi il cram down non risulterebbe escluso; nella seconda, invece, troverebbero applicazione solo le norme previste dall’articolo112 e non quelle che regolano l’omologazione forzosa, che sarebbe quindi inattuabile;

2) dal comma 2-bis dell’articolo 88, che richiama solo l’articolo 109, comma 1, il quale riguarda il concordato liquidatorio e non anche quello in continuità, sollevando un ulteriore dubbio circa la possibilità dell’omologazione forzosa in questo tipo di concordato.
Il Tribunale di Napoli si è pronunciato a favore dell’estensione della disciplina del cram down al concordato in continuità, sulla base dei seguenti motivi:

a) il comma 2 dell’articolo 88 prevede che l’attestazione del professionista indipendente deve avere a oggetto anche la convenienza del trattamento proposto al Fisco rispetto alla liquidazione giudiziale e, «nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore». Ciò depone evidentemente a favore dell’applicazione del comma 2-bis anche al concordato in continuità, poiché il concetto di non deteriorità del trattamento dei crediti tributari e contributivi è riferibile specificamente a tale tipo di concordato;

b) non è decisiva la questione del richiamo, nell’articolo 88, all’articolo 109, comma 1, relativo al concordato liquidatorio, e non anche al comma 5 di detto articolo, che riguarda il concordato in continuità. Ciò perché è lo stesso comma 1 a far salva l’applicazione delle regole di cui al comma 5 per il concordato in continuità;

c) in ogni caso, risulta preminente, su tali considerazioni di ordine tecnico, la ratio della omologazione forzosa, che è quella di superare ingiustificati dinieghi da parte degli enti finanziari e previdenziali in presenza di proposte non deteriori rispetto all’alternativa liquidatoria.
Pertanto, posto che a rilevare è il voto derivante dal cram down e non quello espresso dalle amministrazioni pubbliche se, ad esempio, i creditori sono suddivisi, come nel caso esaminato dal Tribunale di Napoli, in cinque classi votanti, tre delle quali costituite dagli enti finanziari e previdenziali, grazie al cram down il concordato è da intendersi approvato persino in assenza del voto favorevole di alcuna delle altre classi (in quanto approvato da tre su cinque). Fermo restando, ai fini della omologazione del concordato, il necessario rispetto degli altri presupposti previsti dal comma 2 dell’articolo 112.

27 aprile 2024